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I nonni come fattore di potenziamento della comunità educante

Il nostro Paese è caratterizzato da un modello di welfare storicamente familista (Saraceno 2003; Ferrera 2019), in cui la famiglia gioca un ruolo centrale nei percorsi di cura e sostegno sociale. Tradizionalmente i membri del nucleo parentale sono un punto di riferimento in tutte le attività “informali” legate alla conciliazione e all’armonizzazione dei tempi di vita e di lavoro (Santoni 2019; Santoni, Maino e Razetti 2020). In questa direzione, tra le figure più importanti ci sono senz’altro i nonni. È proprio da questo assunto che prende forma il progetto I nonni come fattore di potenziamento della comunità educante a sostegno delle fragilità genitoriali, promosso da Auser Lombardia con l’intento di valorizzare le relazioni intergenerazionali per sostenere bambini e famiglie in difficoltà e, al tempo stesso, valorizzare il patrimonio esperienziale e conoscitivo dei nonni.

1. Nonne e nonni di comunità

Il progetto nasce nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa, iniziativa promossa da alcune Fondazioni di origine bancaria rappresentate da Acri, il Forum Nazionale del Terzo Settore e il Governo. Attraverso questo Fondo – gestito dall’impresa sociale Con i Bambini – sono finanziati una serie di interventi finalizzati a rimuovere gli ostacoli di natura economica, sociale e culturale che impediscono la piena fruizione dei processi educativi da parte dei minori.

Tra questi progetti, nel 2018, è stato appunto avviato un lavoro dal titolo I nonni come fattore di potenziamento della comunità educante, ideato da Auser Lombardia. L’intervento prevede il coinvolgimento di una rete di 47 partner tra cui Auser Toscana, Auser Umbria, Auser Basilicata, l’Università Bicocca di Milano, l’Università di Firenze, la Fondazione Asilo Mariuccia di Milano, l’Istituto degli innocenti di Firenze, alcuni Comuni delle quattro regioni interessate e una serie di cooperative sociali. In tutto sono coinvolti 16 Amministrazioni comunali, 4 istituti comprensivi, 8 cooperative, 4 università e istituti di ricerca, una fondazione e 14 associazioni Auser. Lo stanziamento previsto è pari a 2 milioni e 150mila euro. La proposta di Auser è stata quella di dar vita a una rete di “Nonne e nonni di comunità” per dare supporto ai nuclei familiari più fragili che vivono in territori in cui i servizi scarseggiano e la povertà educativa ed economica si sommano. A questo scopo si è scelto di formare un gruppo di volontari “over 60” che potessero divenire dei veri e propri nonni per queste famiglie. Grazie alla loro esperienza e al loro vissuto, questi volontari sono diventati dei punti di riferimento e un sostegno importante nell’organizzazione delle pratiche di cura familiare.

Le sperimentazioni – che si concluderanno alla fine del 2021 – hanno riguardato la Lombardia, in cui il progetto è stato attivato a Sesto San Giovanni e in due comuni della provincia di Cremona, la Toscana, in particolare la provincia di Siena, l’Umbria, dove sono stati scelti piccoli comuni e realtà che stanno accogliendo le comunità terremotate, e la Basilicata, dove sono stati individuati alcuni comuni che hanno problemi legati allo spopolamento e all’integrazione dei migranti. Il coordinamento e le attività di formazione dei nonni volontari e degli operatori sono stati condotti con la collaborazione di un’equipe del Dipartimento di Scienze Umane per la Formazione dell’Università Milano Bicocca.

2. Le attività promosse dalle nonne e dai nonni di comunità

Data la diversità dei contesti in cui il progetto è stato portato avanti, ogni territorio ha deciso di avviare una serie di pratiche differenti per il sostegno dei nuclei in difficoltà. In generale però l’obiettivo di tutte le iniziative è stato quello di facilitare l’accesso ai servizi socio-educativi del territorio. I nonni di comunità si sono ad esempio occupati di accompagnare i bambini a scuola, al nido o presso altre attività ricreative e dopo-scuola, hanno realizzato attività di laboratorio affiancando il personale educativo già coinvolto, hanno creato e dato vita a nuove aree-gioco presso spazi messi a disposizioni dai Comuni o da altri enti.

Tutte queste azioni hanno previsto il coinvolgimento diretto anche delle famiglie dei bambini. Si è cercato di rafforzare il legame tra tutte le persone coinvolte, al fine di contrastare l’isolamento socio-culturale e la povertà educativa e, al contempo, prevenire il rischio di deprivazione dei bambini. Il progetto nasce infatti dall’idea che i nonni possano essere una risorsa per le famiglie coinvolte, diventando un punto di riferimento per i bambini e un’opportunità di sostegno per gli adulti. Con il passare dei mesi, le iniziative hanno promosso occasioni di aggregazione e possibilità di fare rete tra le realtà dei vari territori: tutto ciò con il fine comune di innescare relazioni di fiducia e reti di aiuto, sostegno e accompagnamento quotidiano.

3. L’esperienza realizzata in Umbria

In Umbria il sisma del 2016 ha lasciato ferite profonde in molti piccoli comuni delle zone appenniniche. Queste aree sono spesso in condizioni di difficoltà economica e devono far fronte a un crescente invecchiamento della popolazione residente e ai rischi legati allo spopolamento a causa della carenza di opportunità sia in termini occupazionali sia di servizi. Proprio per questo, il progetto dei Nonni di comunità ha voluto coinvolgere quattro comuni delle cosiddette “aree interne”: Città della Pieve, Castiglione del Lago, Norcia e Cascia. In questi territori, dal 2018 in poi, sono stati avviati degli spazi educativi per bambini della fascia 0-6 anni: luoghi in cui i più piccoli hanno potuto ogni sabato mattina giocare con il supporto di educatori professionali e di nonni volontari. Sono stati poi predisposti dei centri estivi e degli Sportelli Sociali che forniscono informazioni e accompagnamento alle famiglie: questi sportelli hanno un ruolo di coordinamento e di “contatto” con i servizi socio-assistenziali del territorio, sia pubblici sia privati. Inoltre è sorto un centro dedicato ai bambini tra gli 0 e i 3 anni, aperto tutti i giorni dal lunedì al venerdì fino alle 13.30, che accoglie fino a 11 bambini e vede la partecipazione di 6 nonne di comunità.

Dall’esperienza umbra emerge in particolare come queste iniziative siano state un’enorme risorsa per il territorio: se da un lato hanno ampliato la rete di servizi, dall’altro sono divenute un’occasione per le persone anziane per affermare il loro ruolo sociale. A questo riguardo, Emidio, uno dei nonni di comunità attivi a Norcia, ha dichiarato (https://percorsiconibambini.it/nonnidicomunita/2021/03/01/emidio-il-nonno-contadino/): «I genitori erano al lavoro, soprattutto famiglie straniere di origine macedone, l’asilo chiuso e attraverso questo progetto abbiamo dato il nostro contributo. Li abbiamo fatti giocare con i lego, il pongo, i pennarelli. Facevamo il gioco dell’elicottero immaginando di toccare il cielo con un dito, facevamo il girotondo insieme, con una piccola palla di spugna che mi portavo da casa li facevo divertire nel corridoio e con le molliche e le briciole di pane nel palmo della mano attiravamo gli uccellini. Ho provato anche a raccontare storie, prendevo una favola e la raccontavo con parole mie come si faceva una volta nelle campagne quando ci si trovava tutti nella stalla ad ascoltare le storie del nonno».

4. L’esperienza della Basilicata

Tra le azioni sviluppate in Basilicata spiccano i laboratori di Avigliano e il “Bosco della Speranza” di Tramutola. Quest’ultima proposta è stata attivata nel corso del 2020 nel paese della provincia di Potenza che conta poco più di 3.000 abitanti. Grazie alla riqualificazione di un’area al centro del paese, abbandonata da tempo, si è dato vita a un grande parco in cui anziani e bambini si incontrano per giocare e svolgere attività di varia natura. Con l’aiuto delle nonne di comunità, ad esempio, sono stati attivati dei servizi dopo-scuola e un centro estivo.

Ad Avigliano, sempre in provincia di Potenza, anziani falegnami che hanno passato una vita in bottega a scolpire, piallare, costruire e riparare mobili in legno, hanno dato vita con l’aiuto di un gruppo di mamme e papà ad una esperienza di laboratorio partecipato. In particolare hanno ideato uno spazio ludico-educativo, dove bambini da 2 a 6 anni hanno potuto giocare, fare merenda e divertirsi. Lo spazio, che potrà accogliere dai 10 ai 15 bambini, è stato messo a disposizione dal Comune, che è stato coinvolto tra i partner del progetto sin dal principio.

5. L’impatto della pandemia da Covid-19

Nonostante l’impatto devastante della pandemia e delle misure anti-contagio, molte di queste iniziative sono andate avanti. Il momento di massima difficoltà è stato però tra marzo e giugno 2020, a seguito del lockdown che ha colpito tutto il nostro Paese. In quei momenti la rete di partner, capeggiata da Auser, ha cercato di avviare delle attività virtuali per mantenere il contatto tra nonni e famiglie coinvolte. Nel corso di questi mesi nonni ed educatori/trici hanno prodotto dei brevi video per le famiglie e i bambini, allo scopo di limitare le distanze e stare in compagnia. In molti di questi sono state raccontate storie e sono stati messi in pratica piccoli giochi da poter fare a distanza. Con il passare dei giorni anche le famiglie hanno iniziato a rispondere con altri video.

Grazie alla tecnologia, nonni, famiglie, bimbi ed educatori/trici sono stati quotidianamente in contatto, con uno scambio leggero nei contenuti, ma profondo nei legami. Il Covid-19 non ha quindi fermato il progetto. In piena emergenza sanitaria sono subito partiti alcuni gruppi WhatsApp che hanno coinvolto le mamme, i nonni, le operatrici. Anche le famiglie prive di connessione e strumenti digitali sono state aiutate, grazie alla distribuzione di tablet e pc, ma anche attraverso contributi per acquistare la fornitura del servizio internet.

Dall’estate del 2020 molte attività sono riprese all’aperto, come visto per l’esperienza del Bosco di Tramutola. In questo senso si è cercato di valorizzare la cosiddetta dimensione outdoor dell’educazione, in cui sono ricompresi quei servizi realizzati in spazi esterni come parchi, fattorie e in generale qualsiasi luogo aperto. Si tratta di un approccio che si è inevitabilmente dimostrato da subito adeguato agli standard di sicurezza per evitare la diffusione del Coronavirus – distanziamento, adeguata areazione, flessibilità –, che oggi rappresentano un elemento sempre più centrale. Con il tempo poi anche le attività svolte nei luoghi chiusi sono riprese, a seguito di un processo di riorganizzazione degli spazi. Questo ha richiesto sforzi importanti da parte delle organizzazioni coinvolte nel percorso. L’obiettivo di garantire luoghi e condizioni sicure e prive di rischi è stato raggiunto grazie alla collaborazione e all’impegno di tutta la rete di partner.

6. Oltre la conciliazione vita-lavoro: un investimento per la comunità educante

Come visto, il progetto I nonni come fattore di potenziamento della comunità educante rappresenta un’opportunità sia dal punto di vista socio-educativo sia da quello della conciliazione vita-lavoro. L’iniziativa ha infatti promosso l’avvio di servizi e interventi per arricchire l’offerta di territori che, per ragioni differenti, sono carenti da questo punto di vista. La sua peculiarità risiede però nella tipologia di servizi attivati: si tratta infatti di interventi volti a valorizzare la dimensione educativa e contrastare i rischi legati alla povertà educativa attraverso il ricorso alla comunità educante (Paparella 2009).

Parlare di comunità educante nei servizi educativi significa adottare un’ottica sistemica ed ecologica attraverso la quale assumere la prospettiva di una formazione che coinvolge tutti i suoi membri, minori (bambini) e adulti, in uno sforzo di educazione permanente. Questo approccio appare, oggi, più che mai cruciale. Nel corso degli ultimi mesi la chiusura totale o parziale delle scuole e dei servizi educativi per la prima infanzia, ma anche di molte attività sportive e ricreative (come palestre, cinema, teatri e biblioteche), ha determinato un grave aumento della povertà educativa. Di fatto le misure di contenimento del virus hanno limitato il diritto di bambini e ragazzi a un’istruzione privandoli dell’opportunità di sviluppare pienamente competenze di cui avranno bisogno da adulti.

Iniziative come quella qui descritta, incentrate sulle relazioni umane ed educative, saranno sempre più rilevanti per fronteggiare le sfide che ci aspettano nella “nuova normalità”. Solamente investendo in questa direzione e, quindi, rafforzando i servizi per l’infanzia sarà possibile porre un freno alle forme di deprivazione educativa e culturale, contrastare le problematiche di conciliazione vita-lavoro e sostenere l’occupazione femminile.

Bibliografia

Saraceno, C.
2003 Mutamenti della famiglia e politiche sociali in Italia, Bologna, Il Mulino.

Paparella, N.
2009 Il progetto educativo, Roma, Armando Editore.

Ferrera, M. (a cura di)
2019 Le politiche sociali, Bologna, Il Mulino.

Santoni, V.
2019 Reti d’impresa e accordi territoriali per il welfare aziendale: i tratti distintivi delle esperienze italiane, in «Sociologia del Lavoro», n. 153/2019, pp. 185-201.

Santoni, V., Maino, F. e Razetti, F.
2021 Un welfare aziendale “a filiera corta”. Attuale sviluppo e possibili evoluzioni in provincia di Siena, Percorsi di secondo welfare.

Autore

  • È ricercatore presso il Laboratorio Percorsi di secondo welfare dal 2016. Ha frequentato la Laurea Magistrale in “Sociologia e Ricerca Sociale” presso l'Università di Bologna e la Scuola di Alta formazione in “Gestire un’impresa sociale: gli scenari del welfare, le organizzazioni non profit, le normative, le economie”. Ha partecipato alla stesura del Terzo Rapporto sul secondo welfare in Italia, curando il capitolo dedicato al welfare aziendale, e del Quarto Rapporto sul secondo welfare, "Nuove alleanze per un welfare che cambia", curando due capitoli. Nel corso degli ultimi anni è stato docente a contratto per il Master di II livello “Management del welfare aziendale” presso l’Università degli Studi Niccolò Cusano ed è stato coinvolto in numerosi percorsi formativi e in progetti di ricerca, accompagnamento e consulenza.