Nell’opinione pubblica, il binomio donna-consulenza è spesso percepito come problematico. Il settore del Management Consulting viene comunemente percepito come un ambiente dominato dagli uomini, caratterizzato da ritmi lavorativi molto serrati e impegnativi. Queste modalità non permettono un’elevata work-life balance, rendendo particolarmente difficile la conciliazione tra la vita familiare con quella lavorativa.
Tuttavia, è importante notare che proprio le società di consulenza sono particolarmente sensibili a questa tematica. Questo non solo perché le politiche di Diversity, Equity & Inclusion (DEI) sono diventate centrali nei dialoghi aziendali e sociali, assumendo un ruolo fondamentale per il successo e la sostenibilità delle organizzazioni, ma anche perché la missione che accomuna le aziende della consulenza di portare innovazione e sostenibilità, e l’ambizione di garantire crescita e continuità ai clienti, si basano sull’investimento nel Capitale Umano. Per questo, creare un ambiente aziendale che permetta al talento di emergere è essenziale per lo sviluppo del settore.
Negli ultimi anni, il mercato del management consulting ha conosciuto una significativa crescita. In particolare, le società di consulenza più strutturate hanno beneficiato di un processo di concentrazione del mercato italiano, avvicinandosi alla struttura degli altri grandi Paesi europei. Questo processo ha visto emergere un numero limitato di grandi società di consulenza con un know-how molto diversificato che dominano il mercato sia in termini di fatturato che di collaboratori. Accanto a queste grandi aziende corporate, esiste un alto numero di PMI specializzate che contribuiscono significativamente al settore con competenze spesso verticalizzate. Nel 2023, questo mercato della consulenza in Italia ha generato un fatturato complessivo di circa 6,3 miliardi di euro e ha impiegato quasi 60mila professionisti. Il tasso di crescita del settore è stato di circa il 10%. Nonostante le difficoltà e le incertezze del contesto internazionale, per il 2024 si prevede un’ulteriore crescita superiore al 6%.
Questa crescita è sostenibile solo se ogni singola persona trova un ambiente accogliente ed inclusivo che garantisca soddisfazioni professionali eque. Per questa ragione, e su richiesta dei propri associati, Assoconsult, l’Associazione di categoria aderente al Sistema Confindustria che rappresenta le imprese di Consulenza di Management più importanti in Italia, ha realizzato uno studio che esplora per la prima volta la tematica della diversità e inclusione nelle società di consulenza, con particolare attenzione al ruolo e all’esperienza delle donne in questo settore.
Lo studio, dal titolo DEI nella Consulenza. Cultura, visione e prospettive, è frutto dell’impegno del Gruppo di Lavoro Consulenza al femminile di Assoconsult, costituito nel 2022 e composto da donne e uomini delle realtà associate. L’Associazione ha lanciato la ricerca nel 2023, realizzata dalla società Eumetra MR Spa, coinvolgendo circa 800 consulenti, con un buon mix di genere e con esperienze lavorative maturate in aziende e ruoli diversificati. Questo studio ha permesso di raccogliere evidenze e indicazioni operative per promuovere un cambiamento culturale positivo nella consulenza, favorendo azioni in ambito Diversity, Equity & Inclusion, favorendo engagement e motivazione fra la forza lavoro e agevolando così la creazione di un ambiente più propositivo, dinamico e innovativo.
Ad oggi, autonomia e flessibilità nel lavoro, opportunità di crescita professionale e di carriera, relazioni positive con i colleghi e una buona work-life balance sono gli aspetti che maggiormente influenzano la soddisfazione dei consulenti, indipendentemente dall’età e dal genere. Tuttavia, mentre i primi tre punti sono considerati attrattivi per il settore della consulenza, l’equilibrio tra vita privata e lavoro viene elencato tra i motivi di soddisfazione dal 25% degli intervistati, mentre per il 51% non risulta soddisfacente.
Altresì i valori di diversità e inclusione incidono sulla soddisfazione verso il posto di lavoro, soprattutto per i Millennials e la Generazione Z, che colgono tutte le diversità nell’ambiente di lavoro, non limitandosi al binomio uomo-donna. Il termine DEI, tuttavia, comprende altre differenze, come il rispetto delle persone (work-life balance), le minoranze (disabili, LGBTQ+, etniche) e la valorizzazione delle diversità.
Parlando dell’evoluzione dei principi DEI nel mondo del lavoro e nella consulenza in particolare, le espressioni più frequentemente associate al tema riguardano comunque la parità/disparità di genere, evidenziando il divario lavorativo esistente tra uomini e donne, sia in termini retributivi che di accesso alle posizioni apicali.
Le maggiori difficoltà nel raggiungere gli obiettivi DEI, secondo i consulenti, riguardano la mancanza di competenze e formazione per l’adozione di sistemi DEI e i costi annessi. Il motore del cambiamento è bottom-up, ma deve essere guidato dal management, e quindi richiede una leadership in grado di supportarlo. L’implementazione di un approccio DEI è visto come un investimento a lungo termine, con aspettative di un ritorno positivo futuro.
Il settore della consulenza, in questo contesto, si considera avanzato e in grado di guidare il cambiamento presso le PMI italiane, con una visione spesso ancora molto acerba sui temi della diversità e inclusione ed ancorata a modelli di leadership poco in linea con i tempi.
C’è una forte convinzione che in un’azienda inclusiva si lavori meglio (92% d’accordo, 66% molto), ma anche la consapevolezza che l’orientamento DEI necessiti di un radicale cambiamento culturale nei modelli organizzativi e di leadership (79%) e la formalizzazione dell’impegno in azienda (81%, 41% molto). Mentre questi dati sono incoraggianti, notiamo una forte differenza tra le opinioni degli intervistati uomini e donne.
A livello europeo, la situazione non sembra molto diversa. I principi DEI sono sempre più presenti nelle imprese di consulenza, ma non sono ancora parte del loro DNA. Le iniziative specifiche in tal senso riguardano principalmente l’uso di sistemi, politiche e prassi inclusive, con interventi orientati a ridurre la disparità di genere soprattutto in fase di reclutamento e crescita, supporto alla genitorialità e pari opportunità per i ruoli manageriali. Tuttavia, la percezione di concretezza in questi ambiti è inferiore tra le consulenti donne.
Mentre solo una minoranza di imprese ha adottato misure concrete e quantificabili come la definizione dei KPI DEI con relativi sistemi di monitoraggio o l’ottenimento della certificazione Diversity & Inclusion, i benefici di business attesi dall’investimento in tal senso coinvolgono tutti gli stakeholder, sia interni che esterni all’azienda. Ci si aspettano, quindi, numerosi vantaggi sia per il clima interno che per l’immagine esterna dell’azienda. Soprattutto, i Top Manager ne riconoscono il valore e si fanno promotori di un cambio culturale.
Concentrandosi sulla consulenza al femminile, salvo poche eccezioni, le donne sono in netta minoranza ai livelli più alti della gerarchia aziendale. Nonostante la significativa presenza femminile nel Management Consulting, salendo la piramide gerarchica aziendale, nella maggioranza delle realtà la presenza delle donne è inferiore, spesso in netta minoranza. Ai vertici dell’azienda, poi, solo in 1 caso su 100 le donne prevalgono al comando, e in 20 casi su 100 sono nella stessa proporzione degli uomini.
La valorizzazione delle consulenti donne è un altro dato critico: due consulenti su tre riconoscono l’importanza della risorsa femminile nella professione. Questa convinzione è però nettamente superiore fra gli uomini mentre fra le donne si manifesta un maggiore scetticismo: solo poco più della metà si sente valorizzata (la differenza con gli uomini è di 26 punti percentuali), indicando una percezione di scarsa valorizzazione tra le donne stesse e suggerendo la necessità di interventi specifici di empowerment femminile.
Le principali barriere che ostacolano la valorizzazione delle donne nel settore riguardano soprattutto la conciliazione tra genitorialità e lavoro oltre a bias derivanti da schemi culturali ancora legati a modelli di leadership maschile.
Questo è evidente anche dalla concentrazione di professionalità femminile in certe aree aziendali, come il Recruiting e le Risorse Umane, il Marketing e la Comunicazione, mentre nelle funzioni organizzative (amministrazione, acquisti, logistica, ecc.) e strategiche dell’azienda le donne sono sottorappresentate.
Le società di consulenza sono ben consapevoli di questa situazione. Le scarse opportunità per le donne in alcune posizioni di consulenza sono oggetto di interventi aziendali per ridurre le disparità. I provvedimenti adottati riguardano diverse direzioni: pari opportunità sia in fase di selezione che di crescita, inclusione nelle posizioni manageriali e supporto alla maternità o alla genitorialità, considerando che anche i consulenti uomini esprimono delle esigenze in questo ambito. Ancora poche azioni concrete quelle rivolte all’eliminazione delle differenze salariali.
Guardando al futuro, nonostante le grandi premesse, le aspettative di cambiamento in ottica DEI restano ampie proprio a sottolineare l’importanza fondamentale della cultura DEI nell’ambiente di lavoro. Le macro-direzioni sono tre: la persona, la valorizzazione delle differenze e la formalizzazione dell’impegno.
Chiedendo ai consulenti su quali aspetti sarebbe opportuno lavorare per rispondere maggiormente alle proprie esigenze ed aspettative, emerge un quadro molto articolato. Da una parte una richiesta di grande attenzione all’individuo e alle sue difficoltà: torna prevalente la questione della work-life balance (55%) e del supporto alla genitorialità (44%), ma si parla anche di flessibilità (37%) e di un supporto maggiore dei manager verso i bisogni di chi ha carichi familiari (29%). Per realizzare ciò, viene indicata come fondamentale la formazione su soft skills/empatia (36%) che passa attraverso una maggiore sensibilizzazione sui temi DEI a livello manageriale (28%), di valorizzazione (29%) e empowerment (23%) della professionalità femminile. Ma non si ferma qui. È forte la convinzione che il cambiamento possa essere attuato solo tramite una policy e, soprattutto, una formalizzazione dell’impegno DEI che passi attraverso la parità salariale (34%), la trasparenza retributiva (32%) e i criteri di selezione (26%), percorsi non discriminatori (29%) e parità uomo-donna nel top management (26%), richiesti soprattutto dalle donne.
Analizzando attentamente le aspettative dichiarate, molte sono imprescindibili per un modello di business inclusivo: la work-life balance, la flessibilità, la trasparenza, l’assenza di discriminazioni in fase di ingresso e crescita, il codice etico e comportamentale. Altre, invece, la maggioranza tra quelle indicate, sono importanti e fortemente auspicabili in un modello di inclusività di livello medio, e riguardano il supporto e il sostegno alle difficoltà o necessità personali, la formazione e la sensibilizzazione e la valorizzazione della professionalità femminile.
Infine, ci sono i fattori WOW, ovvero sorprendenti, propri dei migliori sistemi DEI auspicabili in azienda, che esaltano le diversità favorendo il confronto e il dialogo. Un’analisi di correlazione tra questi fattori impliciti di un business inclusivo e l’attrattività dell’azienda conferma l’affermazione: «In un’azienda inclusiva si lavora meglio».
È fondamentale essere consapevoli delle significative differenze nella mappa dei bisogni tra consulenti uomini e donne, differenze che non sono del tutto scontate e che rendono necessario un costante coinvolgimento delle consulenti donne per affinare le azioni DEI alle reali esigenze.
In conclusione, la cultura DEI è diventato un asset strategico di grande importanza per le aziende poiché rappresenta una leva di attraction e di retention dei talenti. La valorizzazione della professionalità femminile, più di altri aspetti, impatta su questo risultato.
I giovani, indipendentemente dal genere, esigono risposte concrete su una cultura aziendale che possa realmente permettere di realizzarsi professionalmente nel Management Consulting, conoscendo l’impegno e la costanza richiesti, senza trascurare la vita extra-lavorativa e superando preconcetti legati a modelli organizzativi e gestionali ormai superati.
A fronte di tutto ciò, siamo convinti che realizzare il cambiamento sia necessario per costruire e garantire un ambiente che accolga le specificità di ogni persona e le permetta di esprimere le proprie potenzialità spetti soprattutto a chi è alla guida delle nostre aziende. Tuttavia, è fondamentale coinvolgere maggiormente i diretti interessati. Lo studio ha evidenziato chiaramente come le necessità, le aspettative e la percezione del proprio vissuto sul posto di lavoro differiscano tra consulenti uomini e donne, così come tra consulenti e vertici aziendali. Questo suggerisce che azioni concrete DEI definite esclusivamente dal management, prevalentemente maschile, rischiano di non rispondere adeguatamente alle esigenze, spesso implicite, della forza lavoro femminile.
In tal senso, come Associazione di categoria, possiamo dare un contributo significativo. Questo rapporto vuole essere un primo passo per sensibilizzare e dare valore alla nostra rappresentanza di un settore a cui siamo tutti molto legati. Assoconsult vuole e deve rispondere alle richieste di chi rappresenta, avendo a cuore più di ogni altra cosa l’importanza, il valore e la salvaguardia del Capitale Umano, nostro asset per definizione. Proponiamo azioni concrete affinché ci venga riconosciuto un ruolo di guida nel cambiamento di approccio, anche sui temi DEI.