Intervista a Vincenzo Armaroli a cura di Sonia Vazzano
Alatel è un’associazione di pensionati e lavoratori del Gruppo Telecom Italia con oltre 20 anni di anzianità, che si occupa, fra le varie cose, di mantenere una relazione tra anziani e mondo del lavoro. Quanto è difficile portare avanti questa mission oggi?
Di primo acchito la risposta a questa domanda potrebbe apparire scontata, soprattutto alla luce del lungo e oscuro cammino che abbiamo percorso nell’ultimo anno a causa della pandemia.
Il nostro target di riferimento è rappresentato da anziani – noi preferiamo chiamarli seniores – e non c’è dubbio che, già dopo le prime dolorose conseguenze e le connesse necessarie restrizioni, si era accresciuta la nostra preoccupazione per il diffuso senso di fragilità che si intuiva potesse dilatarsi a causa del prevedibile lungo periodo di sofferenza sociale e di instabilità economica del nostro Paese. Ovviamente considerando anche le ricadute pesantemente restrittive per la nostra vita associativa, che hanno minato il valore della socialità in presenza ed i rapporti interpersonali.
Il tempo da allora trascorso ci sta forse solo ora conducendo a riprendere la giusta direzione verso un’agognata normalità allontanando il vero rischio che è rappresentato dall’isolamento, dalla solitudine, un nemico infido da combattere spesso causa di uno stato di disagio e, a volte, persino di assuefazione. Abbiamo perciò ritenuto indispensabile avventurarci sulla strada della ricerca di nuovi modi di stare insieme e di aggiornare la conoscenza dei nostri soci su temi che hanno caratterizzato la loro vita lavorativa.
L’archetipo di queste iniziative è il Progetto Noi Digitali che mira a diffondere il digitale come supporto idoneo per la nostra realtà associativa.
Come alimentare nella famiglia una cultura dell’anziano-nonno come soggetto da preservare e/o difendere?
Quando si affronta un tema di così ampio respiro si corre il rischio di essere generici e generalisti.
La crisi della famiglia provoca, a mio avviso, a catena, una serie di dannose e perniciose conseguenze: per la nuova cultura l’anziano-nonno, lungi dall’essere considerato il capostipite dal quale si attingono le radici, la saggezza, l’esperienza da trasmettere alle nuove generazioni, viene relegato a ruoli marginali se non spesso miseri e modesti a partire dall’ambito domestico.
Tutto ciò, ed è ancor più riprovevole, a meno che l’anziano-nonno non rappresenti di fatto una delle principali fonti di reddito della famiglia, con la sua pensione e le sue proprietà talvolta faticosamente acquisite con anni di sacrifici.
Se poi l’anziano-nonno/nonna è malato/a allora corre il rischio di essere ancor più un peso, un costo, un orpello e la vita frenetica che conduciamo impone necessariamente, ahimè con le più ampie autogiustificazioni, di procedere velocemente a rinchiuderlo in un ospizio, una RSA tristemente nota in questo anno e non sempre per colpa di chi ci lavora! Allora come preservarlo e difenderlo? La prima forma è recuperare la famiglia, le radici e riflettere tutti insieme e singolarmente nei media e fra gli opinion leaders senza aver paura di fare autocritica, di far risuonare tutti i drammatici errori di interpretazione e lettura della storia e dei suoi accadimenti che abbiamo compiuto e di indurre gli organi competenti a una nuova legislazione di tutela e valorizzazione dell’anzianato: si pensi a tutte le forme di solidarietà e volontariato che potrebbero svilupparsi!
Anche in azienda è possibile, secondo Lei, lavorare sulla diffusione di una cultura dell’anziano-nonno come soggetto da preservare e/o difendere?
Al di là di tante dichiarazioni e azioni di facciata che hanno permeato i comportamenti di molte aziende nel panorama italiano ed europeo in particolare negli ultimi anni, io credo siano poche quelle che veramente si siano impegnate nella sostanza a preservare e difendere il valore dell’anzianato.
Credo invece fermamente, e non per difendere la categoria, che in un momento in cui la crisi dell’economia rende estremamente arduo, in assenza di fluidità e di legislazioni ad hoc, favorire un vero ricambio generazionale nel mondo del lavoro – che va comunque perseguito con ferma determinazione (e ciò non deve apparire come una contraddizione in termini) – sia assolutamente imprescindibile alimentare, soprattutto nelle grandi aziende, una rinnovata ed efficace cultura volta a privilegiare il ruolo degli anziani.
È certamente a tutti noto che molte grandi aziende si trovano a fare i conti con il fatto che l’ampia gamma di tutele a favore degli occupati ha generato una significativa eccedenza di risorse di difficile riallocazione nel mercato del lavoro e tutte con un’anzianità media molto elevata: da qui l’esigenza di utilizzare tutti gli escamotage possibili per favorirne l’uscita, ma spesso le azioni messe in campo risultano insufficienti.
Oltretutto, la cosiddetta politica degli esodi, favoriti da massicce politiche di prepensionamento, ha in qualche caso determinato la perdita di competenze e di esperienze a volte tuttora necessarie e propedeutiche alle esigenze di business. Soprattutto sul piano delle skill, sia hard che soft, applicate a casi di successo del passato, sarebbe oltre modo importante mantenere viva una politica di longevity management che sia utile a generare la reiterazione di formule positive per la competizione oggi in essere. Alcune importanti aziende – per quella che è la mia conoscenza – si stanno muovendo su questo terreno con specifici piani di valorizzazione di risorse mature non solo orientate a realizzare specifiche politiche di welfare, ma anche di riconoscimento e recupero delle competenze.
Il progetto Noi Digitali, promosso da Alatel, si occupa degli anziani e tecnologia. Ce lo racconta in maniera più approfondita, magari analizzandone la ricaduta soprattutto nei confronti dei seniores?
L’iniziativa, che rientra nella più generale azione orientata a fornire ai nostri soci una gamma variegata di Servizi alla Famiglia, si pone l’obiettivo di concorrere al superamento del c.d. “digital divide”, fenomeno presente in modo non trascurabile nella popolazione anziana del nostro Paese e della nostra associazione. Inizialmente il progetto prevedeva di utilizzare le positive esperienze di formazione digitale in presenza in atto in alcune Regioni per una loro estensione all’intera struttura, arricchendole con iniziative rivolte all’esterno. Le linee di intervento erano due: una interna, rivolta ai soci che volessero intraprendere un cammino di approfondimento del web; una esterna, per trasferire a terzi le nostre esperienze attraverso un metodo intergenerazionale coinvolgente giovani volontari.
Il disgraziato evento della pandemia ci ha costretto a ripensare alla struttura del progetto, non solo per quanto attiene alle modalità di fruizione del percorso formativo, ma anche al perimetro di riferimento dell’iniziativa.
Si è quindi stabilito di ricorrere all’uso delle nuove tecnologie informatiche e di telecomunicazione e di ampliare le finalità del progetto originario creando un ambiente all’interno del sito in cui i nostri soci potessero trovare, oltre ad idonei e segmentati percorsi formativi, anche temi e contenuti che caratterizzano il modo del web.
È nato quindi Noi Digitali – forse avremmo dovuto scrivere più correttamente “Noi futuri digitali” – strutturato in 5 aree, ciascuna delle quali finalizzata a corrispondere ad un particolare aspetto degli interessi dei soci.
– MONDO WEB, che affronta tematiche generali indotte dallo sviluppo di Internet, delle nuove tecnologie e delle relative applicazioni, dal commercio al legale, dalla sicurezza alle relazioni sociali.
– FORMAZIONE DIGITALE, per accompagnare gli associati interessati verso un processo di approfondimento dell’uso delle nuove tecnologie e delle più comuni applicazioni fruibili attraverso PC e smartphone; processo semplice, essenziale e segmentato in funzione delle diverse necessità.
– ACCESSO FACILITATO, un percorso formativo che si pone concettualmente a monte della precedente area in quanto rivolto a coloro, meno esperti, che pure in possesso dello smartphone, non hanno le conoscenze di base per avviarsi alla scoperta del web; attraverso una semplice applicazione (il bottone) di facile installazione si accede ad un menu che indirizza a istruzioni operative per l’utilizzo di alcune applicazioni di uso quotidiano, nonché all’esplorazione del sito Alatel; con un semplice click sul capitolo della stanza dei corsi si accede a Noi Digitali ed in particolare all’area “Formazione digitale” per proseguire nel processo di apprendimento.
– APPS/TECH, che offre ai soci un panorama aggiornato sugli aspetti caratterizzanti il mondo del web: dalle tecnologie TLC ai servizi applicativi, dai protagonisti dell’innovazione al ruolo della Pubblica Amministrazione.
– PROBLEMI? CONTATTACI, uno strumento di contatto diretto con gli associati per gli aspetti inerenti gli argomenti di Noi Digitali e, in particolare, dei percorsi formativi.
Questa prima edizione ha vissuto una fase di sperimentazione e completamento dei contenuti nel primo trimestre del 2021 in relazione agli utilizzi riscontrati e ai feedback pervenuti da parte degli associati: l’interattività con i soci è da considerarsi un valore aggiunto di estrema importanza per il successo concreto dell’iniziativa.
Noi Digitali deve a nostro avviso essere considerato un laboratorio permanente ed in continua evoluzione che sappia adattarsi ai mutamenti di scenario, dei contenuti e soprattutto delle necessità espresse dagli associati.
C’è un progetto dedicato specialmente ai seniores che state portando avanti?
In questo ultimo anno il vero faro che ha guidato la nostra organizzazione è stato rappresentato dalla determinazione a creare valore per la comunità dal punto di vista della sostenibilità sociale e contribuire alla realizzazione di condizioni di pari dignità e di equità non sempre agevoli da tutelare quando ci si riferisce al mondo dei seniores.
Come già sottolineato, il tema dei Servizi alle Famiglie è stato da noi considerato centrale: è in questo ambito che sono nate e si sono sviluppate le principali idee progettuali e le connesse iniziative.
In tale ambito mi piace qui ricordare l’iniziativa che abbiamo sviluppato, in un primo tempo autonomamente e successivamente con l’apporto di Tim, denominata “Seniores Coach delle nuove generazioni”, una sorta di sportello didattico gratuito a disposizione degli studenti (nipoti dei seniores cui ci rivolgiamo o figli dei dipendenti dell’azienda) forse l’espressione più tangibile di un patto fra generazioni dal momento che le lezioni vengono impartite dai nostri seniores, insegnanti volontari e di esperienza. Abbiamo ritenuto che un mondo in difficoltà sul versante della cultura e, in particolare, della didattica fosse quello degli studenti, soprattutto in questo anno, e ci è parso fosse oltre modo opportuno un progetto qualificato quale sostegno formativo integrativo ai programmi scolastici volto al recupero e al miglioramento della conoscenza di importanti materie (scientifiche, classiche e inglese).
La conclusione della fase pilota avverrà nel mese di giugno non escludendo, a fronte delle risultanze molto positive che stiamo acquisendo, una ripresa dell’iniziativa il prossimo anno scolastico.
Si forniscono quindi lezioni gratuite, spiegazioni, chiarimenti, esercitazioni, correzioni, per ora agli studenti di 3^ media e 1^ superiore.
Un aspetto fondamentale da mettere in rilievo è che non si tratta di una ripetizione a distanza della lezione frontale, bensì della possibilità di attivare e mantenere un efficace rapporto di “tutoraggio” (il concetto è “I care”) nei confronti degli studenti in un rapporto Docente/Studenti ragionevolmente contenuto.
In base alla Sua esperienza che idea si è fatto del ruolo che le istituzioni e/o le reti sociali possono avere a supporto degli anziani? In che modo è possibile creare un’alleanza tra tutti questi attori?
Non vi è alcun dubbio che il compito più importante spetti alle Istituzioni.
Soprattutto nei confronti degli anziani, la pandemia da Covid è stata la vera cartina al tornasole per valutare il ruolo delle Istituzioni (laddove sono state assenti o deficitarie, e non solo sul piano sanitario, abbiamo sperimentato sulla nostra pelle cosa significhi l’incapacità di garantire esercizio, pianificazione e controllo, riscontrando di contro una qualche capacità di reazione in alcune fasi che sarebbero potute diventare drammatiche).
Quello che dobbiamo con insistenza richiedere e aspettarci dalle Istituzioni è una politica di ascolto e attenzione che si espliciti in un’azione forte e determinata e di riconoscimento del ruolo sociale dell’anzianato.
Mi riferisco naturalmente non solo agli aspetti sanitari (scontati), fiscali, previdenziali che dovrebbero di per sé essere garantiti in uno stato di diritto, ma anche ed in special modo a tutte le politiche di solidarietà e volontariato che dovrebbero prendere a riferimento prioritariamente il mondo dei seniores.
Ciò non significa attribuire una minore importanza al ruolo che potrebbero assumere le reti sociali. Faccio un esempio che può essere quanto mai calzante ed indicativo. Prima della pandemia, come Alatel avevamo avviato, unitamente all’Anse (l’Associazione dei Seniores degli elettrici Enel) alla quale ci sentiamo uniti in una sorta di affinità elettiva – il mondo dei servizi – all’interno di un Patto Federativo di cui fa parte anche la Federspev, una serie di idee ed iniziative progettuali finalizzate a fare squadra e favorire sinergie comuni atte a realizzare convenzioni e servizi per rispondere ai bisogni dei nostri soci.
Il patto era stato costituito proprio allo scopo di valorizzare il contributo degli anziani nella società e ad individuare le più idonee forme di protezione del nostro ruolo nel panorama sociale.
È su questa strada che, a mio avviso, dobbiamo promuovere alleanze e sinergie agevolando le opportunità di socializzazione fra gli associati facendoli sentire parte attiva di una comunità.
Spesso quando si parla di anziani c’è chi li considera una risorsa e/o un problema (soprattutto in ottica di cura). Quale può essere, secondo Lei, il capitale umano degli anziani-nonni nell’era del post Covid, che non stiamo ancora sfruttando?
Il vero dilemma che questa generazione si trova a dirimere risponde proprio a questo interrogativo: l’anziano è una risorsa o un costo?
Quando, poco più di due anni fa, ho accolto la richiesta di Tim, che ha il patrocinio sulla nostra associazione, di assumere la responsabilità della presidenza nazionale, senza alcuna enfasi l’ho fatto perché considero gli anziani una risorsa sia per il Paese, sia per l’azienda alla quale facciamo riferimento.
Nell’era post Covid che ci attende sono molte le potenzialità del capitale umano che non stiamo ancora sfruttando.
Il primo aspetto riguarda le opportunità insite nel traguardare un vero patto fra generazioni, termine forse troppo sfruttato – ma niente affatto praticato – senza il quale, considerate le varie dinamiche che entrano in gioco, soprattutto economiche, si corre il rischio di provocare uno scontro sociale di proporzioni incalcolabili.
Il secondo concerne la messa a fuoco dei principali valori associativi di cui il mondo dei seniores può essere portatore: la continuità fra persone e territorio e, per chi come noi è legato ad un’azienda, la stessa azienda; non dimenticare la nostra storia, richiamandoci costantemente alle nostre radici e, al contempo, non aver paura dell’innovazione; esaltare i valori dell’integrazione e della solidarietà per realizzare una comunità sociale coesa ed unanime.
Uno dei prossimi progetti di Alatel a cui state lavorando e un auspicio per il futuro…
In verità stiamo lavorando su diversi fronti per presentarci pronti alla sfida cui siamo chiamati a confrontarci con il ritorno, seppur graduale, alla normalità.
In primis, siamo intenzionati a riavviare la maggior parte delle iniziative aggregative che da sempre riscuotono grande successo fra i nostri soci (vorrei sottolineare, in proposito, che siamo una delle poche associazioni di carattere nazionale presenti, anche in termini di struttura, sull’intero territorio, in tutte le province), ivi compresi quegli incontri conviviali che costituiscono importanti occasioni di aggregazione amicale e sociale.
Siamo anche chiamati a sviluppare maggiormente il tema delle convenzioni, soprattutto laddove consentano di migliorare la qualità ed i nostri stili di vita (si pensi in particolare al versante socio-sanitario, ma non solo).
Ma il vero fiore all’occhiello sta nell’attività progettuale, non solo affinando e ulteriormente sviluppando quelle iniziative già in corso d’opera che hanno riscontrato il gradimento dei nostri soci, ma anche impegnandoci maggiormente ad individuare dove si concentrino maggiormente le loro aspettative e i loro bisogni primari e dove possiamo innovare per incrementare il senso di appartenenza all’associazione.
A distanza di alcuni anni (6 per la precisione) dall’elaborazione di un’approfondita survey in tema di analisi dei bisogni, è forse giunto il momento di investigare nuovamente quali siano gli interessi del post pandemia e quali aspetti della gestione associativa dovremo meglio sviluppare.
Tutto ciò investe il tema della comunicazione: dovremmo farci conoscere meglio e di più, ed anche se abbiamo fatto molto in quest’anno calibrando la linea redazionale della nostra rivista sui reali interessi e sulla partecipazione diffusa ai contenuti e introducendo lo strumento delle newsletter per essere presenti e tempestivi, riteniamo che molto sia ancora da fare per sviluppare il senso di comunità.
Sul piano più prettamente programmatico sono convinto che il progetto Longevity, di cui ho detto più sopra, sia il terreno sul quale maggiormente impegnarci.
Per un’associazione come la nostra, legata ad un’importante azienda di riferimento nel panorama nazionale, è fondamentale collaborare ad un’iniziativa che mira a generare un solco di continuità tra il mondo degli occupati e quello dei pensionati e mantener vivo quel senso di identificazione e di appartenenza che tanti successi nel passato ha contribuito a generare.
Questa, riteniamo, è l’unica via per continuare a innescare un circolo virtuoso con l’azienda e, attraverso i progetti d’interesse, essere considerati non un vincolo, ma un’opportunità, in special modo per quanto attiene alle politiche di welfare, senza con ciò sottovalutare l’intento di costruire, unitamente ad altre associazioni di categoria, con un apprezzato lavoro di squadra che abbiamo già iniziato ad implementare, le condizioni propedeutiche ad individuare forme di tutela più adeguate e migliorare la qualità della vita dei nostri soci.