Abbiamo pensato questo Quaderno come un viaggio, meglio sarebbe dire come un’esplorazione della parola “conciliazione” immaginando che sia un luogo da visitare per conoscerne aspetti nuovi ed inesplorati. Questa parola, infatti, in modo vivente ed evolutivo, può essere guardata con un significato nuovo che le attribuisce un potere generativo, partendo dalla interiorità della persona fino ad una dimensione sociale ed economica che vede nella famiglia la sua prima sorgente.
Ed è proprio osservando la dimensione economica con occhi nuovi che iniziamo a scoprire come la conciliazione tra la persona e l’impresa, tra il profitto e l’etica, tra il bene individuale ed il bene collettivo non sono dimensioni antagoniste, ma forze complementari che nel loro scambio si arricchiscono e diventano capaci di generare il valore del bene comune che è contestualmente il valore per ognuno e per tutti nel loro insieme. Un valore che viene costruito per il presente di oggi e per il presente di domani, declinandosi in termini di sostenibilità e cioè di generatività di ciò che è a servizio dell’evoluzione dell’individuo, della famiglia e della società.
Emerge così una nuova semantica della parola “conciliazione” e cioè non come comunemente intesa la combinazione di interessi e priorità diversi, ma la generazione di un nuovo interesse, comune per le parti. In questo senso la conciliazione diventa l’occasione di una nuova realtà che non sottende la rinuncia a qualcosa, ma la conquista di un qualcosa di nuovo, motivante, ingaggiante e desiderabile per le parti coinvolte. Occorre quindi superare il richiamo più comune a ciò che la parola conciliazione ci evoca e cioè un conflitto, una divergenza, un’alterità che si tenta di combinare con un grado minore o maggiore di soddisfazione, ma, comunque, sempre nell’ambito di un processo negoziale. Conciliare, invece, può essere un processo che ha una nuova prospettiva che parte non tanto da ciò a cui si rinuncia, ma da ciò che insieme si intravede di nuovo. La visione dell’uomo dietro questa prospettiva non è quella di un individuo per cui l’altro è un limite, ma una persona per cui l’altro diventa, se pur con un po’ di sforzo, una nuova opportunità di slancio e di trasformazione.
Ma sappiamo bene che non può accadere nelle relazioni tra le persone quello che prima non si è conquistato interiormente. Esploriamo allora la conciliazione come processo interiore e cioè prima di tutto saper portare a sintesi ed armonia le varie parti di sé. Essere persone interiormente armoniose è infatti il presupposto per contribuire al bene comune e generare forze positiva nei propri contesti. La prospettiva è quella di una introspezione grazie alla quale la conciliazione, anche nel senso descritto sopra, diventa un percorso di crescita e di maturazione interiore. Partendo dal realistico presupposto che ognuno ha parti ed attitudini diverse da armonizzare e conciliare, anche seguendo le varie evoluzioni dinamiche della propria vita e della propria persona, è necessario e stimolante osservare quanto siamo conciliati e ri-conciliati interiormente con noi stessi ancor prima di pensare ad una conciliazione con gli altri. Ovviamente nulla può avvenire in modo così lineare né occorre attendere la propria armonia per cercare quella con gli altri, ma, almeno, è importante aprire un nuovo spazio di osservazione e di lavoro interiore che ci renderebbe sicuramente più pronti ed anche più disponibili nei confronti degli altri. Senza paura e senza accomodante conformismo dovremmo dare all’incoerenza la stessa dignità che ha l’armonia, una dignità creativa senza la quale non sarebbero mai possibili sintesi di livello superiori. Essere in dialogo o meglio essere un dialogo è la nostra natura in cui l’armonia si conquista e si perde quasi in modo costante per la conquista di una molteplice unità che ha anche come prossimo terreno di sperimentazione la vita di coppia, germoglio vivente della famiglia.
La riflessione viene poi seguita dalla concretezza di alcune esperienze che ci raccontano questa concili-azione in azione. Vedremo quindi come la conciliazione debba necessariamente e primariamente essere un pilastro della educazione dei bambini, fino a continuare ad essere allenata nei contesti organizzativi in cui vivono gli adulti per diventare poi l’alimento di grandi organizzazioni che riescono a muovere la forza della conciliazione per promuovere la solidarietà ed il bene sociale.
Vedremo quindi come la conciliazione nella scuola possa diventare un modo naturale di essere, non dogmatico, ma da sviluppare con naturalezza, gestendone tutti gli aspetti di luce e di ombra che ogni esperienza umana presenta. La voce concreta è quella di una maestra che si adopera per creare esperienze di conciliazione in cui le diversità vengono lette e decodificate, financo stimolate, affinché emerga ogni “Io” sicuro della propria identità quanto più sa essere capace di dialogare con tanti “Tu” diversi da sé, scegliendo in modo libero gli spazi di incontro e di reciproca trasformazione.
La vita di azienda può continuare ad essere una grande “palestra” di conciliazione. Chi vive in azienda, infatti, sperimenta il grande lavoro ed impegno di conciliazione che richiede il raggiungere gli obiettivi insieme. Da molto tempo le aziende dedicano molte energie al rafforzamento delle competenze della sfera relazionale e quelle più evolute si spingono su nuovi traguardi che prevedono modalità di lavoro agile. L’efficacia, in questi casi, è affidata solo ai muscoli relazionali dato che gli argini gerarchici sono aboliti; il dialogo e la conciliazione è l’unica via che si percorre destrutturando e ristrutturando nuovi equilibri. Occorre arrivare a questo avendo fatto un grande allenamento alla scuola della lettura delle diversità, i modelli e le “chiavi di interpretazione” sono tanti, ma il presupposto è unico ed è la disponibilità a “mettersi in gioco”. La relazione organizzativa può diventare così realmente espressione di nuove sintesi in cui ogni sé individuale impara a costruire un nuovo sé sociale, cogliendo in questa trasformazione tutto il valore di un grande processo di arricchimento e di apprendimento.
E poi il “testimone” deve necessariamente passare a quello che la società è chiamata a promuovere per favorire le nuove forme di conciliazione tra l’individuo e la società, la famiglia ed il lavoro, i giovani e le generazioni più mature, la genitorialità e la spinta a realizzarsi nella professione: un “nuovo rinascimento” viene correttamente chiamato quell’insieme di progetti che dovranno essere a sostegno della conciliazione delle tante diversità che oggi la società si trova a dover gestire in un universalismo che non vuole essere solo geografico, ma l’espressione di un pluralismo in cui le tante diverse potenzialità sanno diventare l’espressione di un bene comune più elevato.
La conciliazione può, comunque, sempre ampliarsi come forza che si attiva spontaneamente per il bene comune, partendo magari proprio dalla famiglia che sa diventare uno spazio di conciliazione, anche intergenerazionale, orientato al miglioramento del bene comune. Nel percorso conciliativo, inteso nel modo più evoluto del termine, si scopre che il fare “insieme” a livello sociale è una piacevole ricchezza che ha voglia di generare qualcosa di nuovo che si possa amplificare all’esterno, segno e testimonianza che diventa non solo esemplare, ma anche positivamente contagiosa. E come tutte le esperienze generative, anche questa porta con sé germogli di un futuro che ha il desiderio di riproporsi e di sperimentarsi di nuovo, mentre ci si scopre insieme, con nuove identità che l’intimità familiare aveva iniziato a creare e che la dimensione sociale riesce ad amplificare… ma in tal senso lasciamo alla “Race for the cure” il racconto di ciò che la conciliazione solidale riesce a creare.