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La proposta di Assindatcolf: una giusta fiscalità per il caregiving famigliare genera equità sociale, risparmio e nuovi posti di lavoro

Intervista a Teresa Benvenuto a cura di Sonia Vazzano

Da 40 anni la missione di Assindatcolf è quella di assistere le famiglie datrici di lavoro domestico, facilitando il rapporto con i lavoratori: colf, badanti e baby sitter, acquisendo esperienza e riconoscimenti in ambito nazionale. Cosa è cambiato e quali sono state le conquiste nel settore dell’assistenza? Che tipo di approccio utilizzate e qual è il ruolo specifico di una associazione come Assindarcolf nel panorama contemporaneo?

Oltre che essere una missione, per un’associazione come la nostra si tratta di una vera e propria sfida: costruire un welfare equo, che sia davvero a misura di famiglia. A questo da oltre 40 anni è orientata la nostra attività. Una sfida, perché vogliamo fare in modo che anche la politica, e più in generale i decisori, capiscano quanto sia importante mettere al centro dell’agenda la “questione domestica”. È infatti sempre più evidente come il settore abbia a che fare con le grandi questioni che riguardano il futuro di questo Paese: invecchiamento della popolazione; migrazioni; denatalità; empowerment femminile; conciliazione tempi di vita e di lavoro.

Affrontare questi nodi, che ad oggi sono ancora irrisolti, significa intervenire anche sul comparto domestico, modificando l’idea ancora purtroppo molto radicata nell’immaginario collettivo, quella di un settore di serie B, di attività da svolgere senza professionalità. Un paradosso se si considera che a queste persone, che nella maggior parte dei casi sono donne e straniere, affidiamo le cose più preziose che abbiamo: i nostri figli piccoli, i genitori anziani o non autosufficienti, la nostra casa!

Questa immagine, seppur fuorviante, riesce però a condizionare negativamente il messaggio che arriva alla politica. In altri paesi come la Francia sono stati indubbiamente più lungimiranti e si è iniziato ad invertire la rotta già 30 anni fa, con misure specifiche ed agevolazioni che sono state implementate nel corso dei decenni a prescindere dall’alternanza della compagine di governo. Al di là delle bandiere di partito. Si è saputo cogliere la sfida e portarla avanti con ottimi risultati, sia in termini di ingressi per le casse dello Stato, che di emersione del lavoro irregolare. Ma cosa più importante: si riesce a dare un servizio di qualità alle famiglie, che possono permettersi il costo del personale domestico, senza che il lavoratore debba rinunciare ad uno stipendio dignitoso. Un modello, quello “francese”, recentemente al centro di una giornata di studi e approfondimenti che come Assindatcolf abbiamo coordinato insieme al neonato Intergruppo Parlamentare sul lavoro domestico, di cui fin dal principio siamo stati promotori. L’obiettivo è sempre lo stesso: studiare best practices già avviate per dimostrare che un altro modo di pensare ed organizzare le cose è realmente possibile. La nostra Associazione da anni si batte per accompagnare il cambiamento, per mostrare le potenzialità del comparto sia in termini economici, che di occupazione ma soprattutto di welfare. Assistere in casa anziani non autosufficienti non dovrebbe essere una condizione riservata solo a chi ha le risorse economiche per permetterselo. Tutti dovrebbero poter aver la possibilità di scegliere dove trascorrere la terza età. Senza contare il risparmio sul sistema sanitario. Stesse considerazioni anche per l’assistenza ai bambini piccoli. Il servizio di baby-sitting non può e non deve essere considerato un lusso, né tantomeno una prestazione alternativa a quella del nido o della scuola materna. Al contrario, si tratta di servizi complementari. Infine la questione della colf: anche in questo caso non stiamo parlando di un bene di lusso ma di pura conciliazione vita-lavoro. Ad affidarsi alle collaboratrici domestiche non sono, tra l’altro, solo famiglie che lavorano ma anche e soprattutto anziani autosufficienti, persone che non hanno ancora bisogno della badante ma di un valido supporto in casa per la gestione quotidiana.

Il Censis ha promosso su iniziativa di Assindatcolf una ricerca in materia al welfare familiare che ha rilevato come il sistema familiare-assistenziale sia a rischio di “collasso sociale”, dovuto soprattutto all’incremento del costo della cura. Quali possono essere, alla luce della vostra esperienza, le misure legislative e/o contributive per evitare, o almeno limitare, tale collasso?

Lo studio presentato dal Censis a febbraio scorso, il 1° capitolo del nostro Rapporto 2024 “Family (net) Work – Laboratorio su casa, famiglia e lavoro domestico”, mette in evidenza come in tema di salute, assistenza e previdenza le famiglie italiane siano sempre più vulnerabili, incerte nella gestione della non autosufficienza e consapevoli di dover ricorrere a risorse proprie. Non è un caso che dalla survey che il Censis ha condotto per noi presso un campione rappresentativo di famiglie datrici di lavoro domestico risulti come il 45,3% consideri prioritario il potenziamento dei servizi domiciliari, partendo dal presupposto che la casa sia il miglior posto dove curarsi, il 58,7% chieda l’introduzione della deducibilità del lavoro domestico ed il 49,1% dichiari di occuparsi personalmente, come caregiver, di un parente non autosufficiente, in aggiunta al ruolo della badante. Ma non solo. Sul piano delle prospettive future, il 40,7% delle famiglie giudica non proprio sicuro il proprio livello di risorse economiche e teme che le disponibilità in termini di reddito, patrimonio e risparmi possano non essere sufficienti nel caso di imprevisti. Completamente insicuro si dichiara, invece, il 12,5%, che sa che eventuali imprevisti potrebbero mettere la famiglia in seria difficoltà. Nel bilancio fra fattori di protezione – welfare pubblico, coperture assicurative, altre forme di autotutela personali di cui si dispone – e fattori di rischio futuri, è proprio l’inabilità e la non autosufficienza a raccogliere il maggior grado di rilevanza (64,6%). Quella scattata dal Censis è l’immagine più efficace della distanza che si sta creando tra la domanda di protezione sociale delle famiglie e il progressivo mutamento del welfare del nostro Paese, che sembra aver smarrito la propria missione, lasciando senza risposta una parte crescente della popolazione. In questo quadro la gestione del rapporto domestico si è trasformata nel dispositivo di protezione sociale più diffuso, sebbene a totale carico delle famiglie. Questo, soprattutto in rapporto alla condizione della non autosufficienza, indubbiamente contribuisce ad alimentare lo stato di incertezza delle famiglie, che chiedono interventi mirati come la totale deduzione del costo del lavoro domestico.

Una misura di equità sociale che non solo consentirebbe alle famiglie di risparmiare sui costi ‒ secondo nostre proiezioni dai 3 ai 5 mila euro ‒ ma anche di creare nuovi posti di lavoro e di far emergere il sommerso, che nel settore ha percentuali altissime. Allo stato attuale le stime parlano, infatti, di circa 6 lavoratori domestici su 10 senza contratto.

Il Patto per il Nuovo Welfare sulla non autosufficienza della persona anziana è stato accolto come una svolta, da alcuni, ma ha sollevato anche altrettante critiche. Quali sono le preliminari considerazioni di Assindatcolf all’indomani della divulgazione? E in particolare qual è l’opinione rispetto alla proposta per introdurre il Sistema Nazionale Assistenza Anziani in Italia?

Assindatcolf ha convintamente aderito al Patto per un Nuovo Welfare sulla non autosufficienza e ha lavorato in questi anni per formulare una proposta seria, che fosse costruita sulle reali esigenze delle famiglie. D’altronde, la forza di questo network è proprio quella di essere animata da realtà eterogenee che vivono la questione della non autosufficienza su fronti diversi. L’ambito domestico è indubbiamente uno di questi. A nostro avviso, uno dei più rilevanti.

L’11 marzo 2024 il Governo ha approvato definitivamente il Decreto Legislativo attuativo della Legge Delega 33/2023 contenente la cosiddetta “riforma” della non autosufficienza. Complessivamente non possiamo dirci soddisfatti del provvedimento così come è stato approvato, poiché non ha recepito tutti i suggerimenti e le proposte del Patto. Si è trattato più che altro di una “riforma” annunciata, non reale. Tuttavia, entrando nello specifico, ovvero andando ad analizzare le misure previste per il comparto domestico, non possiamo ignorare la novità introdotta: un contributo economico dal valore di 850 euro al mese destinato agli anziani over 80 con disabilità gravissime, da spendere per l’assunzione della badante. Sebbene la strada intrapresa sia a nostro avviso corretta, i segnali sono ancora troppo timidi, sia sotto il punto di vista degli importi che relativamente alla platea. Secondo i nostri calcoli, infatti, un anziano non autosufficiente che abbia bisogno di una badante a tempo pieno può arrivare a spendere tra 1.600 e 1.800 euro al mese, che in un anno significano tra i 19 e i 21 mila euro, tra retribuzioni, tredicesima, ferie, Tfr e contributi. Con un’“assegno di assistenza” del valore di 850 euro al mese non si riuscirebbe a coprire neanche la metà di quello che una famiglia spende per assumere una badante a tempo pieno, sia in regime di convivenza (1.671 euro al mese e 18.927 l’anno), che ad ore (1.854 euro al mese e 20.896 l’anno). Con 850 euro si riuscirebbe giusto a coprire il costo di una badante per 20 ore la settimana. Senza contare che la platea degli aventi diritto è veramente ridotta: solo gli over 80 in gravissime condizioni con un Isee che non superi i 6mila euro l’anno saranno destinatari di questo assegno in via sperimentale per 2 anni. Per questo chiediamo al Governo uno sforzo maggiore, soprattutto in vista della costruzione di un sistema che sia davvero universale e non destinato a pochi.

Sempre più regioni italiane si sono dotate o sono in fase di lavorazione di leggi atte a qualificare e sostenere – spesso – economicamente la figura del caregiver familiare, ossia colui o colei che legato da rapporti di parentela/affinità offre assistenza ad un parente non autosufficiente o, in ogni caso, vulnerabile. Tale indirizzo è condivisibile o rischia di allocare il peso dell’assistenza, ancora una volta, al nucleo familiare, pregiudicando ulteriormente comunità spesso già vulnerabili/fragili?

Le preoccupazioni economiche delle famiglie rispetto alla gestione dei costi del personale domestico ‒ con particolare riferimento all’assistente alla persona non autosufficiente ‒ unitamente alla quasi totale assenza di compartecipazione dello Stato alla spesa, implicano un sempre maggiore e necessario coinvolgimento delle famiglie. Non solo in termini economici. Parliamo di un ruolo attivo della figura del caregiver a copertura delle ore che rimangono scoperte dalla cosiddetta badante. Non è assolutamente un caso, sempre citando lo studio condotto dal Censis per il Family (Net) Work, che per il 49,1% delle famiglie datrici di lavoro domestico la badante da sola non sia sufficiente a coprire le esigenze di assistenza. Sempre più persone sono anche costrette ad occuparsi in prima persona, come caregiver, di un parente anziano o non autosufficiente. Con tutte le difficoltà che questo può comportare. Dalla prospettiva di un’esperienza diretta, il campione di famiglie segnala infatti come l’aspetto più critico dell’impegno nell’assistenza di un familiare sia la fatica fisica e lo stress che deriva dal far fronte ai tanti bisogni della persona assistita (42,4%) Molto importanti sono anche i condizionamenti della quotidianità, spesso assorbita in maniera quasi assoluta dalle cure all’assistito e la rinuncia a una vita relazionale e autonoma (24,7). Molto più pragmaticamente, il 16,4% sottolinea la mancanza di un reale riconoscimento del ruolo del caregiver da parte delle istituzioni e la mancanza, quindi, di un compenso economico al lavoro svolto. Poco sopra l’8% si colloca chi ha dovuto abbandonare o ha dovuto trascurare il lavoro o comunque l’attività da cui discende il reddito del caregiver. Il 6,7% è invece preoccupato di poter arrecare danno all’assistito, non avendo il caregiver le competenze necessarie ai vari interventi che è chiamato a fare.

Alla luce di quando detto, appare evidente come in prospettiva diventi fondamentale ragionare su questo tema, per mettere al centro delle politiche future anche la figura del caregiver, nell’ottica di una necessaria quando indispensabile ed urgente riforma del welfare italiano.

Quali sono i futuri progetti che Assindatcolf intende sviluppare per il prossimo quinquennio?

Il nostro obiettivo principale resta quello di riuscire ad ottenere una revisione generale della fiscalità a carico del datore di lavoro domestico, che al momento ha pochissime agevolazioni. Ad oggi, infatti, chi assume una colf, badante o baby sitter può portare in deduzione solo una parte dei contributi a proprio carico, per un massimo di 1.549,37 l’anno. Solo chi ‒ non autosufficiente e con un reddito sotto ai 40mila euro ‒ ha invece la possibilità di detrarre una parte dello stipendio della badante, ma parliamo di 399 euro l’anno! Una goccia in mezzo al mare se consideriamo il costo di una badante in regime di convivenza (1.671 euro al mese e 18.927 l’anno) o ad ore (1.854 euro al mese e 20.896 l’anno).

Dati alla mano, è evidente come servano agevolazioni fiscali serie ed incisive e aiuti immediati per gli incapienti. Sempre per citare il modello del lavoro domestico francese, oltre ad aver previsto un credito di imposta al 50% che dimezza la spesa a carico delle famiglie, da qualche anno si è scelto di renderlo anche immediatamente disponibile. In altre parole non è necessario recuperare in fase di dichiarazione dei redditi, lo sconto avviene in tempo reale. Ma non solo.

Lavoriamo per far fare un salto di qualità al lavoro domestico, sia in Italia che in Europa, e per professionalizzare sempre più i lavoratori che si occupano dei nostri figli, dei nostri genitori e delle nostre case. A questo proposito, insieme agli Enti Bilaterali del settore, da anni portiamo avanti un programma specifico, “Formato Famiglia” dedicato alla professionalizzazione del personale domestico. Parola d’ordine: gratuità. Veri e propri corsi di formazione, con moduli di pratica e teoria, in presenza nelle principali città d’Italia e online. Il primo passo per accedere alla certificazione della professione, la cosiddetta “patente di qualità”, la novità introdotta con la Norma Uni 11766/2019.

Ultima per ordine ma non certamente per importanza, la questione della regolazione dei flussi di ingresso. Come noto il comparto domestico è principalmente animato da una forza lavoro straniera, con particolare riferimento a quella non comunitaria. Solo nel 2023, dopo una lunga battaglia durata quasi 12 anni, siamo riusciti a convincere il Governo a riaprire il Decreto Flussi al comparto domestico. Ora che il primo passo è stato fatto, bisogna avere il coraggio di andare oltre e riformare questo strumento troppo rigido e che per questo può anche portare a derive di irregolarità. Non parliamo solo di quote che non sono sufficienti (9.500 all’anno per il triennio 2023-2025 quando secondo le nostre stime ne servirebbero almeno 23mila l’anno), ma di tempistiche e modalità non in grado di rispondere con tempestività alle esigenze delle famiglie.

Autore

  • Laureata in economia e commercio all’Università degli studi della Calabria, dal 2006 è segretario nazionale di Assindatcolf, Associazione Nazionale dei Datori di Lavoro Domestico. Dal 2019 è segretario generale della FIDALDO, Federazione italiana datori di lavoro domestico. Esperta della materia, partecipa al tavolo sindacale per il rinnovo del Ccnl sulla disciplina del rapporto di lavoro domestico.

  • Laureata in Filosofia, ha conseguito il titolo di Dottore di Ricerca in Teoria e storia della storiografia filosofica. Dopo un master in Editoria e comunicazione, si è specializzata alla Sda Bocconi in un Percorso manager per il no profit. Per la Fondazione Marco Vigorelli coordina le attività di ricerca e formazione. Professional Certified Coach (PCC-ICF International), si occupa di attività di Corporate, Business e Life coaching. Tra le sue certificazioni, quelle di Assessor, Practitioner ed Educator di Intelligenza emotiva (Six Seconds).