Intervista a Lella Brambilla a cura di Sonia Vazzano
Auser si occupa della valorizzazione degli anziani e di far crescere il loro ruolo attivo in società: quanto è difficile portare avanti questa mission oggi?
Auser Lombardia esiste dal 1990 e si rivolge principalmente alle persone anziane e fragili; svolge le proprie attività nel territorio in collaborazione con le istituzioni locali e con altri enti di Terzo Settore. Durante la pandemia, Auser ha partecipato alle reti organizzate dal Comune e dalla Protezione civile con altre associazioni per sostenere la domiciliarità, mettendo a disposizione mezzi e soprattutto volontari. L’attività per cui siamo più conosciuti è la telefonia sociale e il conseguente sistema di accompagnamenti protetti: il Filo d’Argento ci consente di raggiungere le persone anziane e in condizioni di fragilità al loro domicilio, anche più volte in una settimana, per monitorarne le condizioni di salute e mantenere con loro una relazione continua a contrasto della solitudine. Al momento abbiamo 19 centri strutturati per la telefonia sociale in tutta la Lombardia, con svariati punti di riferimento sul territorio: in totale contiamo circa 450 sedi Auser in tutta la Regione.
Con il lockdown, nell’arco di una sola settimana, abbiamo trasferito le chiamate del Filo d’Argento al domicilio dei volontari, che hanno portato avanti da casa il loro impegno, supportati da una struttura centrale che raccoglieva le richieste (ad esempio, per la consegna dei pasti, dei farmaci, di libri e di tutto quello che poteva servire per alleviare solitudine, paure, difficoltà). Auser, grazie alla propria esperienza e alla solidità della struttura, ha saputo rispondere con tempestività, intelligenza e, dove necessario, anche fantasia ai nuovi bisogni dettati dall’emergenza su tutto il territorio lombardo.
I volontari Auser sono stati impegnati, fin dalle prime fasi della campagna vaccinale, anche nella prenotazione degli appuntamenti e nell’accompagnamento delle persone anziane e delle persone con disabilità ai vari hub. Le nostre rilevazioni alla data del 15 maggio mostravano oltre 6.000 accompagnamenti effettuati in Lombardia, con più di 1.500 volontari dedicati che assistono l’utente sempre, per tutto il tempo dell’appuntamento vaccinale. Altri 250 volontari circa prestano servizio agli hub vaccinali per la misurazione della temperatura, la sanificazione delle mani e il rispetto del distanziamento fisico; la sede di Auser Voghera è diventata essa stessa un punto vaccinale importante.
Un segnale molto positivo è che la nostra presenza capillare e sempre attiva sul territorio ha fatto sì che si siano avvicinati a noi nuovi volontari, in particolar modo giovani; nel primo lockdown molti ragazzi e ragazze ci hanno chiesto di collaborare, soprattutto per portare spese, farmaci e pasti a domicilio. Vale la pena ricordare che parecchi edifici costruiti prima del 1968 sono ancora senza ascensore. Ai ragazzi ha giovato molto entrare in relazione con le persone anziane, per noi infatti l’intergenerazionalità è una delle aree progettuali su cui poniamo maggiore attenzione; i nostri giovani volontari e volontarie hanno apprezzato il fatto di essere diventati parte di un’associazione ben organizzata, solidamente strutturata e affidabile nello svolgere le proprie attività.
Come è possibile alimentare nella famiglia una cultura dell’anziano-nonno come soggetto da preservare e/o difendere?
Partiamo da un punto fermo: i nonni sono le radici e spesso la colonna portante della famiglia, come protagonisti di un welfare informale indispensabile per la cura dei nipoti, ad esempio. Partendo da questo presupposto, Auser tutela tutti gli anziani come nonni della collettività e porta avanti diverse azioni di sensibilizzazione affinché il concetto di cura sia una responsabilità tanto individuale quanto della comunità. Mi piace citare, come buona pratica da replicare, il nostro progetto triennale “I nonni come fattore di potenziamento della comunità educante a sostegno delle fragilità genitoriali”, che vede i volontari Auser diventare “nonni di comunità” per bimbi e bimbe da zero a sei anni a rischio di povertà educativa e per famiglie con competenze genitoriali ancora fragili.
Spesso, quando si parla di anziani, c’è chi li considera una risorsa e allo stesso tempo un problema per quanto riguarda i costi del Servizio Sanitario Nazionale. Quale può essere, secondo Lei, il capitale umano degli anziani-nonni nell’era del post Covid, che non stiamo ancora considerando?
Io credo che le persone anziane abbiano un desiderio: quello di avere una società migliore. Vedere il futuro dei loro nipoti e dei loro figli peggiore del loro è, per alcuni versi, insopportabile. Non c’è più l’ascensore sociale.
A proposito dei “nonni sociali” del progetto citato prima, con loro abbiamo lavorato moltissimo nel costruire comunità educanti sul territorio: anche durante il lockdown i nostri volontari hanno continuato a coltivare le relazioni con le famiglie di cui già si prendevano cura, diventando un punto di riferimento per chi, oltre alla povertà, aveva anche un vissuto di povertà economica e intervenendo con aiuti concreti: numerose famiglie migrate oppure reduci da situazioni di violenza o con problemi legati alla disoccupazione hanno ricevuto dai volontari Auser pacchi alimentari, accompagnamenti a luoghi di cura, informazioni mediche vitali nel periodo del Covid19 e un sostegno per la DAD per i fratelli più grandi dei bambini presi in carico da Auser.
Quando la relazione interviene in maniera forte, come in questo caso, si entra in confidenza e si crea una familiarità.
Quest’esperienza ha posto una riflessione più ampia rispetto all’attuale condizione del welfare e Auser sta valutando le proposte da avanzare nei Piani di Zona e nel rapporto con le Pubbliche Amministrazioni, attraverso la co-programmazione e la co-progettazione come previsto dal Codice del Terzo Settore, per dare risposte nuove a bisogni emergenti e sconosciuti ai più. Le sperimentazioni servono proprio a capire meglio cosa serva e cosa si debba fare: come continuare a lavorare su questi terreni, come dare continuità alle attività di successo e ritenute indispensabili quando i finanziamenti concessi dai bandi sono terminati? Questa domanda interroga la politica, che deve essere cosciente del fatto che il volontariato è una risorsa fondamentale per affrontare le problematiche della comunità e del territorio. La presenza di Auser in Lombardia è capillare e questo è un punto di forza che è risultato ancora più evidente nel periodo del Covid. Adesso possiamo continuare, con le sedi che hanno riaperto e anche con i nuovi volontari giovani che si sono uniti ad Auser nei mesi più delicati e che sono rimasti volentieri in un’associazione che hanno trovato forte, organizzata e strutturata. Il compito urgente ora è riprendere la socialità: i nostri circoli sono il fulcro del contrasto alla solitudine, della promozione dell’invecchiamento attivo e di un sostegno a una vita in buona salute. Offriamo i corsi delle Università Popolari, gli eventi culturali, il turismo sociale, il ballo, la ginnastica dolce, il trekking, i laboratori artistici, i laboratori di cucina o di cucito, i corsi di lingue straniere… Uno degli aspetti più belli di Auser è che gli associati possono aderire e partecipare, ma anche essere promotori di iniziative mettendo a frutto le loro esperienze e le loro competenze a beneficio di altri.
Il progetto Tutti in piazza, promosso da Auser Lombardia, si occupa degli anziani soli e dei loro rapporti intergenerazionali e nei confronti della tecnologia. Ce lo racconta in maniera più approfondita, magari analizzandone la ricaduta sul contrasto alla solitudine?
È da anni che stiamo cercando di capire come le nuove tecnologie possano migliorare e aiutare le nostre competenze e il nostro lavoro. Tutti in piazza nasce dall’esigenza di formare i cittadini e di aiutarli a connettersi non soltanto con la voce, ma anche con il video e così abbiamo utilizzato telefoni, tablet, tv. In Italia abbiamo ancora un grandissimo divario generazionale nell’uso delle tecnologie: i nostri anziani sono stati aiutati in ogni fase del progetto, dall’installazione dei dispositivi all’apprendimento delle tecniche di utilizzo, anche grazie all’alternanza scuola-lavoro di tanti studenti delle scuole superiori.
Tutti in piazza ha costruito una rete di persone anziane che vivevano da sole e che hanno giovato sia della sicurezza del rapporto con i nostri volontari sia dell’allegria, della freschezza e degli affetti nati con i ragazzi: quando arrivavano era sempre una festa e molti ragazzi continuano anche oggi a sentire e ad andare a trovare i loro “nonni acquisiti”.
La rete ha creato una vera Agorà, che ha permesso a tante persone anziane di contattare in videochiamata figli e nipoti lontani, ma anche amici e amiche in RSA o in città diverse.
Abbiamo constatato che lo strumento funziona anche nel rapporto con i nostri volontari del Filo d’Argento, perché l’appuntamento settimanale suscita aspettativa nelle persone che sono in attesa di ricevere la chiamata. Il fatto di aggiungere il video alle normali chiamate ha avuto un altro effetto positivo, vale a dire l’aver stimolato un’attenzione anche verso l’aspetto fisico: le persone sole hanno capito quanto fosse necessario occuparsi di sé, anche dal punto di vista estetico, e ciò ha accresciuto sensibilmente il benessere psicofisico. Nelle videochiamate di gruppo organizzate da Auser abbiamo parlato con gli anziani di tantissimi argomenti, coinvolgendo diversi esperti in vari ambiti, dalla nutrizione corretta alle tematiche fiscali, e questo ci ha consentito di entrare ancora più in relazione con ciascun utente.
Abbiamo applicato il sistema di Tutti in Piazza anche con le persone ricoverate nelle RSA: è stata l’esperienza sicuramente più toccante, perché abbiamo creato l’appuntamento del giovedì mettendo in collegamento le persone più anziane con i loro affetti lontani. All’inizio pensavamo a telefonate singole, ma nella pratica le chiamate sono diventate ben presto collettive con la partecipazione di tutto il gruppo degli ospiti presenti nel salone in cui si trovava il televisore collegato alla strumentazione necessaria per i collegamenti online.
Il progetto si è evoluto e in questo momento abbiamo in atto sperimentazioni a Mantova e a Lecco attraverso una app di Auser interamente dedicata a questo servizio. Questo sistema di videochiamate potrà servire, in prospettiva, anche per la telemedicina.
In base alla sua esperienza che idea si è fatta del ruolo che le istituzioni e/o le reti sociali possono avere a supporto degli anziani? In che modo è possibile creare un’alleanza tra tutti questi attori?
Abbiamo cominciato a costruire reti a partire dal Forum del Terzo Settore, per trovare partner con cui partecipare ai bandi.
La prima rete costruita è stata quella con le cooperative, in virtù delle attività che svolgono sul territorio e per avere a disposizione tutte le figure professionali utili a gestirle e a governare processi complessi.
La seconda rete è stata quella creata con le università, come elemento importante di riferimento per costruire le cornici teoriche del nostro agire, del nostro fare, perché lavorare su teoria e prassi insieme ci consente di capire se la nostra direzione è quella giusta, se davvero stiamo andando verso gli obiettivi che ci siamo dati.
La terza rete è quella delle amministrazioni comunali: comuni, ma anche ATS, medici di medicina generale e le loro associazioni.
La quarta rete da considerare sarà costituita dalle piccole associazioni che non si potranno iscrivere al RUNTS, per mantenere e recuperare interventi magari di nicchia ma molto importanti per la comunità.
Tutte queste reti insieme hanno davanti a loro una prospettiva innovativa, costituita dal rapporto con le Pubbliche Amministrazioni attraverso co-programmazione e co-progettazione. Per utilizzare al meglio tali strumenti è fondamentale conoscere in profondità le esigenze dello specifico territorio di appartenenza; un esempio di efficace lettura del bisogno e di comunità educante in azione è offerto da Auser Barlassina, che opera in un comune di 7.000 abitanti in Brianza. I volontari Auser organizzano il Pedibus, accompagnando a piedi a scuola circa 300 bambini delle scuole primarie; esistono diversi punti di ritrovo in città e, durante il percorso, i volontari Auser raccontano store, cantano filastrocche, provano la lezione ai bimbi più ansiosi e bisognosi di conferme… insomma, sono diventati un po’ amici e un po’ “maestri supplenti”. Il Pedibus risponde a un bisogno di conciliazione dei tempi dei genitori e, contemporaneamente, merita di essere valutato dal punto di vista ambientale, etico, formativo, di benessere fisico e anche economico, perché è la dimostrazione di una risposta efficace e a costo zero. È un piccolo passo da cui iniziare? I grandi viaggi iniziano da piccoli passi!