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La professione HR nel lavoro del futuro

Intervista a Elinora Pisanti a cura di Sonia Vazzano

Ti occupi di Risorse umane da diverso tempo. Cosa vuol dire, concretamente, mettere al centro le persone in azienda e quali sono le sfide che vedi all’orizzonte nell’ambito del virtuale?

Le persone sono il motore delle aziende. I professionisti che fanno parte di un’azienda permettono all’organizzazione, con le loro competenze ed esperienze, di poter adempiere alla propria Missione, qualunque essa sia. Le persone e le competenze e i talenti che esprimono rappresentano pertanto un “valore” aziendale, valore da preservare, aggiornare e fare crescere. Le aziende devono competere in mercati globali e complessi, dove la capacità di innovare e di saper investire nel futuro, così come quella di soddisfare i bisogni dei clienti diventa centrale. È pertanto necessario dotarsi di processi solidi e affidabili per selezionare i talenti con le skill richieste, assicurare percorsi di formazione per aggiornare i saperi e delle competenze e percorsi di carriera che permettano di poter realizzare le proprie aspirazioni professionali.

Inoltre, dopo l’esperienza della pandemia Covid-19, abbiamo imparato quanto siano diventate sempre più centrali all’interno delle aziende i temi della tutela della salute e del benessere, attraverso programmi ad hoc che promuovono un sano equilibrio tra vita e lavoro e forniscono sostegno psicologico e consulenza legale e finanziaria nelle varie fasi della vita. Da ultimo voglio citare l’importanza di creare ambienti di lavoro inclusivi dove le diversità sono accolte e celebrate e promuovono innovazione e crescita individuale e collettiva.

È possibile premiare un manager per come fa crescere le sue risorse?

Certamente. I Manager hanno la primaria responsabilità di assicurare che le risorse assegnate ricevano obiettivi chiari e siano messe nelle migliori condizioni di operare, attraverso un’organizzazione efficace del lavoro e una comunicazione trasparente. Inoltre, hanno la responsabilità di supportare con una frequenza continua la realizzazione degli obiettivi e le necessità di formazione e sviluppo necessarie e/o richieste dalle stesse risorse. Hanno inoltre la responsabilità di pianificare incontri di coaching per supportare la creazione di piani di sviluppo e carriera, nonché la loro realizzazione.

Com’è cambiato, nel corso di questi ultimi anni, il tuo modo di gestire i team? Quali opportunità e quali pericoli vedi nella smaterializzazione del luogo di lavoro e nel suo, eventuale, legame con una logica della prestazione sempre più pervasiva?

Durante la pandemia abbiamo imparato tutti a lavorare a distanza, ma questo, mentre ci ha fatto fare un salto in avanti nell’uso del digitale, ha portato con sé anche alienazione e la famosa “fatica digitale”, dovuta alle numerose ore spese esclusivamente davanti ad uno schermo. Ora nel post pandemia abbiamo dato vita al lavoro ibrido, di solito si tratta del 50% del tempo di lavoro, che bilancia lavoro in smart working col lavoro in ufficio, permettendo così di riportare le persone in presenza per assicurare maggiore collaborazione, creatività e innovazione, rafforzando nel contempo le relazioni interpersonali, così importanti per creare una cultura di vera collaborazione, inclusione e scambio virtuoso di idee. È innegabile però che la flessibilità data dallo smart working ha aiutato e continua ad aiutare le famiglie nella gestione dei figli o del supporto ai genitori o parenti anziani, e, a dimostrazione di ciò, la legge che ha esteso fino al 31/12/2022 il diritto allo smart working ai genitori di figli con età inferiore ai 14 anni ha generato una massiccia richiesta di smart working al 100%.

Come sarà il lavoro dell’HR nei prossimi cinque anni?

Sono in corso cambiamenti di grande portata determinati dall’impatto del digitale, Intelligenza artificiale, gestione di una massa enorme di dati, sviluppi accelerati delle conoscenze scientifiche in tutti i campi. Molti lavori che conosciamo oggi non esisteranno tra 10 anni, ma ne verranno creati di nuovi. Questo può creare timori sul futuro, ma dobbiamo essere aperti a cogliere il nuovo e considerare che questo tipo di evoluzioni sono già successe molte volte nella storia. Come per tutte le sfide, bisogna essere saggi, consapevoli e prepararsi acquisendo nuove competenze. Anche se si ha già un lavoro, è importante continuare ad aggiornarsi nel proprio ambito, oppure esplorarne di nuovi, secondo i propri interessi. L’offerta formativa ora ci raggiunge ovunque, vi sono innumerevoli corsi e certificazioni che si possono acquisire on line. La pandemia ci ha fatto soffrire, ma ci ha anche insegnato molto su come affrontare i cambiamenti e soprattutto su come lavorare nell’era digitale. Siamo all’inizio e abbiamo il tempo per prepararci.

In che modo è possibile, secondo te, dare centralità alle relazioni in azienda, di fronte alla sfida del virtuale? Come non cadere nella dipendenza del lavoro e mantenere il giusto tempo per relazioni personali e professionali?

Con la pandemia abbiamo imparato che ci vuole disciplina. Ovviamente non possiamo e non vogliamo fare a meno delle relazioni in presenza, che sono insostituibili nel creare connessioni e nel facilitare la generazione di idee e innovazione. Anche se lavoriamo in presenza già oggi una buona parte della nostra giornata è dedicata alle interazioni digitali con email, varie piattaforme e con i social. Mi piace pensare alla routine in digitale come un piano di allenamento. Possiamo pianificare i tempi lasciati alle relazioni in presenza e gestire le interazioni digitali, assicurandoci delle pause tra un meeting e l’altro, oppure istituire i “meeting passeggiando”, quando l’ascolto è prioritario, e avendo un’agenda strutturata per la giornata. è importante chiarire che restano fondamentali le pause ogni due ore, con distacco dal computer o cellulare per liberare la mente e mantenere attivo il corpo, e quando seduti alternare periodicamente posizione seduta e in piedi.

Come riconosci un talento? Come lo gestisci? Quali sono, a tuo avviso, le qualità che un giovane dovrebbe avere per essere considerato un talento nel contesto odierno? In che modo un’azienda può trattenere i suoi talenti?

Ciascun collaboratore ha un proprio talento da esprimere. In azienda vi sono processi ad hoc disegnati per supportare i lavoratori a riflettere sulle proprie aspirazioni e sui propri punti di forza e aree di sviluppo. Questo percorso si affianca al processo di gestione della performance, che passa attraverso la definizione degli obiettivi di performance, l’autovalutazione e la valutazione del proprio manager. La gestione della performance, insieme alla definizione del proprio Piano di Sviluppo, permette di identificare i talenti che hanno la motivazione a voler continuare ad imparare e crescere nell’organizzazione. Un giovane oggi deve esprimere la capacità di continuare ad apprendere continuous learning, considerando l’obsolescenza veloce delle competenze determinata dalla tecnologia e dal digitale, insieme al “Growth Mindset” o Mente Dinamica (Carol Dweck – Stanford University), vale a dire avere un atteggiamento di accoglienza e di costruzione positiva rispetto ai feedback, agli errori e all’osservazione degli altri. Questo approccio vale per tutti i lavoratori delle diverse generazioni che compongono la forza lavoro.

Si parla tanto della necessità di partire dal bisogno reale del dipendente: come è possibile farlo in una grande multinazionale? In che modo riesci a metterti in ascolto dei bisogni reali delle persone?

Ciascun collaboratore condivide la responsabilità insieme al suo manager di incontrarsi con regolarità (settimanale o bi-settimanale) per confrontarsi sia sulle attività da svolgere che sul benessere generato dalle condizioni di lavoro. Il Manager ha la responsabilità di esplorare e identificare eventuali situazioni di disagio professionale o personale, di richieste di supporto emotivo o concreto, rispetto agli strumenti di lavoro, alla formazione, etc. L’auspicio è che si crei una relazione di fiducia e di supporto allo sviluppo continuo.

Qual è l’iniziativa, a favore dei dipendenti, che sei riuscita a portare avanti con maggiore soddisfazione in questi ultimi anni e perché?

Nel 2018 ho lanciato il programma Growth Mindset Champions. è un programma che pone al centro il concetto di Mente Dinamica rispetto alla Mente Fissa. Nasce dal lavoro di ricerca della professoressa Carol Dweck della Stanford University che valutando il percorso di studi di alcuni studenti si è accorta di come fornire un feedback, sulle prove di esame, basato sui contenuti e l’esperienza vissuta dagli studenti stessi piuttosto che sul mero voto abbia migliorato considerevolmente l’apprendimento e i risultati. Il voto sia numerico che di sintesi esprime un giudizio netto senza entrare troppo nel merito e può determinare, se negativo, emozioni di sottovalutazione che possono influire negativamente sul rendimento futuro, rendendo difficile l’elaborazione dell’esperienza.

La mente dinamica invece si focalizza sull’esperienza, che per definizione è varia ed è caratterizzata da alti e bassi, da successi ed errori.

Il Growth Mindset o Menter Dinamica si può allenare su 5 concetti chiave:

  1. accogliere le sfide;
  2. prepararsi adeguatamente per affrontarle;
  3. ricercare e imparare dai feedback;
  4. superare gli ostacoli;
  5. imparare dal successo degli altri.

In Bristol Myers Squibb abbiamo creato quattro gruppi di Growth Mindset Champions che fanno un percorso di formazione dedicato per allenarlo; successivamente lavorano su quattro progetti aziendali dove gli è richiesto di applicare il Growth Mindset con l’obiettivo di imparare nuove competenze ed essere innovativi.

Lavoro e vita privata: come riesci a tenere insieme questi due ambiti nella tua crescita personale e professionale?

È sempre stata una bella sfida per me. Vi sono stati momenti dove ho dovuto lavorare moltissimo per poter tenere i ritmi e stare al passo con le aspettative, togliendo tempo agli affetti: se volevi far carriera dovevi essere molto disponibile! Devo dire che col tempo, crescendo anche le responsabilità, ho imparato a bilanciare e pormi dei confini di orario giornaliero e a proteggere i fine settimana. Credo inoltre che le aziende oggi siano molto più evolute e attente ai bisogni dei collaboratori, danno valore alla flessibilità e ad un sano bilanciamento tra lavoro e vita privata. Il 2022 è l’anno dove si sta sperimentando la settimana corta di 4 giorni in vari paesi europei e vi sono già alcune realtà italiane che lo stanno realizzando. Inoltre la generazione dei Millennials e la Generazione Z sono molto attente a questi aspetti e richiedono a gran voce flessibilità e attenzione al benessere aziendale e personale.

La strada è tracciata e il ben-essere sarà sempre più al centro delle politiche di tutte le aziende etiche, che vogliono crescere insieme ai propri collaboratori.

Autore

  • Human Resources Executive Director Italia e ora UK e Irlanda di Bristol Myers Squibb, ha all’attivo più di 25 anni di esperienza nel campo della gestione delle risorse umane nelle grandi e complesse organizzazioni di diversi settori quali manifatturiero, lusso, pubblica amministrazione e farmaceutico, sia in Italia sia a livello internazionale. «Sii la persona con cui vorresti lavorare ogni giorno», perché le organizzazioni crescono e raggiungono risultati incredibili grazie all’impegno e al valore delle persone che ne fanno parte. L’esperienza internazionale le ha permesso di comprendere le dinamiche organizzative e di sviluppo delle competenze e del potenziale in contesti dinamici, multiculturali, dove la diversità arricchisce e crea innovazione e l’inclusione è una competenza chiave. L’esperienza italiana degli ultimi anni in ambito farmaceutico le ricorda l’importanza che ciò che fa ogni giorno insieme ai suoi colleghi porta valore ai pazienti. Ogni giorno lavora per contribuire alla creazione di un ambiente di lavoro inclusivo, dove ciascuno può dare il meglio di se stesso e dove la diversità è celebrata e l’inclusione è un valore.

  • Laureata in Filosofia, ha conseguito il titolo di Dottore di Ricerca in Teoria e storia della storiografia filosofica. Dopo un master in Editoria e comunicazione, si è specializzata alla Sda Bocconi in un Percorso manager per il no profit. Per la Fondazione Marco Vigorelli coordina le attività di ricerca e formazione. Professional Certified Coach (PCC-ICF International), si occupa di attività di Corporate, Business e Life coaching. Tra le sue certificazioni, quelle di Assessor, Practitioner ed Educator di Intelligenza emotiva (Six Seconds).