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Ripartire dalle scelte: perché la demografia è il cuore della politica

Intervista a Elena Bonetti a cura di Sonia Vazzano

A partire dal suo nuovo incarico come Presidente della Commissione Parlamentare di inchiesta sugli effetti economici e sociali derivanti dalla transizione demografica in atto, si è fatta già un’idea delle priorità su cui è opportuno lavorare nei prossimi anni?

Sì, e la priorità più urgente è far uscire la questione demografica dalla marginalità in cui è rimasta per troppo tempo. La transizione in atto non riguarda solo natalità e longevità, ma la tenuta economica del sistema Paese: investimenti, occupazione, salari, innovazione, competitività delle imprese. Riguarda i giovani, che devono trovare qui le condizioni per poter progettare il proprio futuro. Riguarda anche lo spopolamento delle aree interne e la questione migratoria, che è parte del quadro. La Commissione ha il compito di ricomporre queste dinamiche in una lettura coerente e di indicare una direzione di intervento chiara. È il momento di costruire politiche integrate, capaci di affrontare il cambiamento in corso come una sfida di sviluppo.

Nuove povertà e conciliazione famiglia-lavoro: in che modo le attività della Commissione Parlamentare che presiede affrontano questi temi?

L’intreccio tra povertà e carico familiare è evidente, soprattutto per le donne. Il nostro sistema di welfare si regge ancora, in larga parte, su una divisione informale e diseguale del lavoro di cura, che grava prevalentemente sulle donne. L’assenza di servizi adeguati – basti pensare a tre mesi estivi senza scuola, o alla mancanza di tempo pieno in molte aree del Paese – rende impossibile per molte madri lavorare. Questo genera un circolo vizioso: meno reddito, meno autonomia, meno futuro. La Commissione lavora per evidenziare queste dinamiche e promuovere politiche pubbliche che intervengano su tre assi: rafforzamento dei servizi educativi e di cura, valorizzazione economica del lavoro femminile e formazione continua.

Dal punto di vista economico, quali sono i principali impatti della transizione demografica in atto?

La riduzione della popolazione in età lavorativa sta già producendo effetti misurabili sul nostro sistema economico: meno lavoratori attivi significa meno contribuenti, minore capacità produttiva, maggiore pressione sulla spesa pubblica. In questo scenario, è cruciale valorizzare appieno tutte le energie disponibili. Ad esempio, Banca d’Italia, in audizione presso la nostra Commissione, ha stimato che, anche mantenendo l’attuale trend positivo della partecipazione femminile al lavoro, il PIL italiano potrebbe ridursi di 9 punti percentuali entro il 2050. Il che vorrebbe dire consegnare il Paese alla recessione. Questo dato ci dice che le misure finora adottate non bastano: servono interventi mirati, strutturali, in grado di incidere davvero sui fattori che bloccano lo sviluppo.

Dal punto di vista sociale, quali sono i principali impatti della transizione demografica in atto?

La transizione demografica ha un impatto diretto sulla tenuta sociale del Paese: mette in discussione l’equilibrio tra generazioni, l’accesso equo alle opportunità, la coesione territoriale. Viviamo in un Paese in cui le reti familiari si sono profondamente trasformate: l’invecchiamento della popolazione, la riduzione delle nascite e l’aumento delle situazioni di non autosufficienza richiedono un ripensamento profondo del welfare. Il modello attuale, che spesso delega alle famiglie il compito di “tenere insieme tutto”, non è più sostenibile. È necessario sviluppare strumenti collettivi di protezione sociale e redistribuzione, capaci di intercettare bisogni nuovi e di accompagnare le persone lungo l’intero arco della vita.

Quali sono le sfide future che, a suo avviso, ci troveremo ad affrontare alla luce della transizione demografica?

Le sfide sono molte, ma due in particolare vanno affrontate con decisione. La prima è la necessità di scegliere con chiarezza le priorità di investimento pubblico. Non possiamo più permetterci interventi a pioggia: dobbiamo concentrare le risorse su donne e giovani, che sono oggi i due motori potenziali della ripresa. La seconda sfida riguarda la costruzione di un nuovo patto tra pubblico e privato, in cui anche le imprese e il terzo settore siano protagonisti della risposta alla transizione demografica. Solo un’alleanza fondata sulla condivisione di responsabilità e di visione potrà produrre effetti duraturi. In questo quadro, vanno premiati – anche fiscalmente – gli investimenti che vanno nella direzione giusta: più occupazione femminile, più servizi, più opportunità formative.

Come trasmettere ai giovani la necessità di un impegno in ambito demografico?

Parlare di demografia ai giovani non è facile, se lo si fa come fosse un tema tecnico o lontano. Ma se partiamo dalla loro esperienza – dal desiderio di futuro, di lavoro dignitoso, di conciliazione tra vita personale e professionale – allora il discorso cambia. La transizione demografica non è un destino da subire, è una sfida che riguarda la possibilità di costruire una società dove i giovani possano scegliere, contribuire, affermarsi. Dobbiamo coinvolgerli nei processi decisionali e offrire loro strumenti per essere protagonisti. Lavorare sulla demografia significa, in fondo, restituire credibilità alla politica come strumento di costruzione del futuro.

Qual è l’impatto della conciliazione famiglia-lavoro sulla transizione demografica? In che modo portare avanti una cultura della conciliazione famiglia-lavoro può aiutare a fare i conti con la transizione demografica?

La conciliazione incide direttamente sulla possibilità di partecipare al lavoro e di scegliere la genitorialità, e le aree di intervento sono moltissime, quanti sono i bisogni non ancora intercettati. Pensi alla mancanza di tempo pieno scolastico e alla scarsità di servizi diffusi, che spesso non riescono a sostenere le famiglie nella gestione della quotidianità. Una risposta adeguata non può che essere integrata. Ricordo l’introduzione del finanziamento ai Comuni per l’attivazione dei centri estivi, coinvolgendo il terzo settore in un’azione concreta di risposta ai bisogni delle famiglie: è l’esempio di un metodo che ha fatto collaborare fattivamente, per incontrare un bisogno reale, tutti i livelli istituzionali di un territorio. Se la cura della famiglia non è solo un fatto privato, allora la risposta politica per supportarla deve essere capace di attivare in maniera sinergica tutte le risorse di cui sono ricche le nostre comunità.

Autore

  • Nata ad Asola il 12 aprile 1974, è una matematica e vive a Mantova con Davide, suo marito, e i figli Tommaso e Chiara. Ha conseguito nel 2002 il PhD in matematica e ha iniziato nel 2001 la carriera accademica e di ricerca all’Università degli Studi di Pavia, prima come ricercatrice e poi dal 2011 come professoressa associata di analisi matematica. L’insegnamento universitario, l’educazione e la ricerca sono stati il cuore della sua scelta professionale e di vita. Dal 2016 si è trasferita all’Università degli Studi di Milano. È una scout e il suo servizio è sempre stato in particolare per i giovani. È stata Ministra per le pari opportunità e la famiglia nei governi Conte-bis e Draghi. Alle elezioni politiche 2022 è stata eletta deputata nel collegio Veneto 2. Componente della V Commissione Bilancio della Camera dei Deputati, della Commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio e ogni forma di violenza di genere, nonché della delegazione parlamentare presso il Consiglio d’Europa a Strasburgo. Dal febbraio 2025 è presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sugli effetti economici e sociali derivanti dalla transizione demografica in atto. In occasione del II Congresso di Azione, nel marzo 2025, è stata eletta presidente del partito.

  • Laureata in Filosofia, ha conseguito il titolo di Dottore di Ricerca in Teoria e storia della storiografia filosofica. Dopo un master in Editoria e comunicazione, si è specializzata alla Sda Bocconi in un Percorso manager per il no profit. Per la Fondazione Marco Vigorelli coordina le attività di ricerca e formazione. Professional Certified Coach (PCC-ICF International), si occupa di attività di Corporate, Business e Life coaching. Tra le sue certificazioni, quelle di Assessor, Practitioner ed Educator di Intelligenza emotiva (Six Seconds).